Risposta a Shermer – Evidenze mediche sulle NDE di Pim van Lommel |
Nella sua rubrica "Lo
scettico" su Scientific American del marzo 2003, Michael Shermer citava una
ricerca pubblicata sulla celebre rivista medica The Lancet dal dott. Pim van
Lommel e collaboratori, asserendo che quello studio segnava un punto a sfavore
dell'idea che mente e cervello possano separarsi. Eppure i ricercatori
sostenevano l'esatto opposto, mostrando che esperienze coscienti fuori dal corpo
hanno luogo durante periodi di morte clinica, allorquando l'attività del
cervello è a zero (encefalogramma piatto). Come ha commentato Jay Ingram sul
Canadian Discovery Channel: "L'uso che (Shermer) fa dello studio (di van Lommel)
a vantaggio del proprio punto di vista è fraudolento. Avrebbe dovuto dire: «Gli
autori pensano che vi sia un mistero, ma io intendo interpretare diversamente le
loro scoperte». Invece non l'ha fatto, e penso che questo sia molto spiacevole".
Nell'articolo che segue (tratto da NDErf.org) Pim van Lommel ribadisce le prove
che Shermer ha presentato in modo distorto.
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Solo recentemente mi è stato mostrato l'articolo nella rubrica "Lo scettico" di
Michael Shermer. Da un organo di stampa così prestigioso e, secondo la mia
opinione, scientifico, come io reputo Scientific American, mi attendo sempre
articoli scientificamente ben documentati, e non so con quale approfondimento
sia stato revisionato l'articolo di Shermer dallo staff redazionale della
rivista prima della pubblicazione. La mia reazione all'articolo di Shermer è
dovuta al fatto che sono il principale autore dello studio pubblicato su The
Lancet nel dicembre 2001 col titolo: "Near-death experiences in survivors of
cardiac arrest: a prospective study in the Netherlands" (NDE di sopravvissuti ad
arresti cardiaci: un'indagine estensiva in Olanda". Ciò che (Shermer) scrive a
proposito delle conclusioni della nostra indagine e degli effetti delle
stimolazioni elettriche e magnetiche del cervello, mi obbliga a scrivere
quest'articolo, dato che sono in disaccordo tanto sulle sue teorie quanto sulle
sue conclusioni.
La nostra indagine è stata condotta su 344 sopravvissuti ad arresti cardiaci per
studiare la frequenza, la causa ed il contenuto delle loro NDE. Una NDE è la
testimonianza delle impressioni vissute durante uno speciale stato di
consapevolezza, che comprende elementi specifici come un'OBE (Out of Body
Experience = esperienza fuori dal corpo), sensazioni piacevoli, la visione di un
tunnel, di una luce, di parenti defunti, ed eventualmente una revisione della
propria vita. Nella nostra indagine 282 pazienti (82%) non conservavano alcun
ricordo relativo al periodo di incoscienza, mentre 62 pazienti (18%) riferirono
di aver avuto una NDE con tutti gli elementi "classici". Tra i due gruppi non
c'era alcuna differenza in relazione alla durata dell'arresto cardiaco o dello
stato di incoscienza, all'intubazione, al trattamento medico, alla paura di
morire presente prima dell'arresto cardiaco, al sesso, alla religione, al
livello di istruzione o a precedenti informazioni sulle NDE. Furono riportate
con maggior frequenza NDE in persone di età inferiore ai 60 anni, con più di un
ritorno in vita da una crisi cardiopolmonare durante la degenza in ospedale (CPR
= Cardiopulmonary Resurrection) e precedenti NDE. Pazienti con problemi di
memoria conseguenti a CPR prolungate e complicate riportarono NDE con minor
frequenza.
Vi sono diverse teorie che tentano di spiegare le cause ed il contenuto delle
NDE. Una spiegazione è quella fisiologica, perla quale la NDE è sperimentata
come risultato di una condizione di anossia (riduzione dell'ossigeno) nel
cervello, possibilmente anche in concomitanza col rilascio di endorfine (endomorfine)
o con una condizione di blocco dei recettori di NMDA (nota del webmaster:
neurotrasmettitore attivo nelle comunicazioni sinaptiche).
Nella nostra indagine tutti i pazienti ebbero un arresto cardiaco, erano
clinicamente morti, in stato di incoscienza provocato da un insufficiente
apporto di sangue al cervello a causa di inadeguata circolazione sanguigna, di
insufficienza respiratoria o di entrambe. Se in tali condizioni la CPR non viene
attivata entro 5÷10 minuti il cervello subisce un danno irreparabile ed i
paziente muore. Secondo la teoria fisiologica tutti i pazienti della nostra
indagine avrebbero dovuto avere una NDE, poiché tutti erano clinicamente morti a
causa di anossia del cervello provogata da insufficiente circolazione sanguigna,
ma solo il 18% riferì di aver avuto una NDE.
Un'altra spiegazione è quella psicologica: la NDE è causata dalla paura della
morte. Ma nella nostra indagine solo una minima percentuale di pazienti riferì
di aver avuto paura della morte nei secondi precedenti l'arresto cardiaco: tutto
era accaduto così improvvisamente che non si erano neanche resi conto di cosa
stava loro succedendo. Tuttavia il 18% ebbe una NDE. Anche il trattamento medico
non fece alcuna differenza.
Noi sappiamo che un paziente colpito da arresto cardiaco diventa inconscio nel
giro di pochi secondi, ma come facciamo a sapere che l'elettroencefalogramma
(EEG) di questi pazienti è completamente piatto, e come possiamo studiarlo? In
seguito all'arresto cardiaco si riscontra il completo arresto della circolazione
cerebrale a causa della fibrillazione ventricolare (VF) durante il test di
soglia al momento dell'applicazione dei defribillatori interni. Questo completo
modello cerebrale ischemico può essere usato per studiare i risultati
dell'anossia del cervello.
La VF (fibrillazione ventricolare) provoca il completo arresto cardiaco e
l'interruzione dell'afflusso di sangue al cervello, con conseguente anossia
acuta in tutto il cervello. Il flusso sanguigno dell'arteria cerebrale media,
che rappresenta un affidabile indicatore del decorso del flusso sanguigno
cerebrale, diminuisce fino a 0 cm/sec immediatamente dopo l'insorgere della VF.
Attraverso diversi studi su modelli tanto umani quanto animali, è stato
dimostrato che la funzione cerebrale viene gravemente compromessa durante
l'arresto cardiaco e che l'attività elettrica sia nella corteccia cerebrale che
nelle strutture più profonde del cervello risulta assente dopo un periodo di
tempo assai breve. Il monitoraggio dell'attività elettrica della corteccia
tramite EEG ha mostrato cambiamenti ischemici che consistono nella diminuzione
delle onde veloci di elevata ampiezza e nell'aumento delle onde lente (onde
delta), ed in certi casi anche un incremento nell'ampiezza delle onde theta, che
progressivamente e definitivamente declinano verso uno stato isoelettrico (senza
attività elettrica). Spesso l'iniziale attenuazione delle onde mostrata dall'EEG
è il primo segnale dell'ischemia cerebrale: i primi mutamenti ischemici sono
evidenziati dall'EEG in media dopo 6,5 secondi dall'arresto circolatorio. Se
l'ischemia cerebrale si prolunga, viene sempre monitorato un progresso verso la
linea isoelettrica (EEG piatto) entro un periodo che va da 10 a 20 secondi (in
media 15 sec.) dalll'insorgere dell'arresto cardiaco.
In caso di arresto cardiaco prolungato (oltre 37 secondi) l'EEG non indica alcun
ritorno di attività cerebrale per un periodo di diversi minuti fino ad ore dopo
l'avvenuta ripresa del battito cardiaco, in funzione della durata dell'arresto
cardiaco, nonostante venga mantenuta un'adeguata pressione sanguigna durante la
fase di ripristino del normale stato circolatorio. Dopo la defribillazione il
flusso circolatorio dell'arteria cerebrale media riprende rapidamente entro 1÷5
secondi, indipendentemente dalla durata dell'arresto. Tuttavia la ripresa
dell'EEG richiede più tempo, a seconda della durata dell'arresto cardiaco. I
segnali dell'EEG indicano un ritardo nella ripresa dell'attività metabolica del
cervello, e l'utilizzazione dell'ossigeno cerebrale può risultare inibita per un
periodo di tempo considerevole dopo la ripresa della circolazione, per il motivo
che l'iniziale eccesso alla riattivazione (iperossia) è seguito da una
significativa diminuzione del flusso sanguigno cerebrale.
L'anossia provoca perdite di funzioni nel sistema cellulare. Tuttavia, se
l'anossia dura solo qualche minuto tale perdita può essere transitoria, mentre
un'anossia prolungata causa la morte cellulare con conseguente perdita
permanente di alcune funzioni. Durante un episoodio di embolia un piccolo grumo
ostruisce il flusso sanguigno in un capillare della corteccia cerebrale,
provocando un'anossia in quella parte del cervello con assenza di attività
elettrica. Questo comporta la perdita delle funzioni di quella parte della
corteccia, e l'insorgere di emiplegia (paralisi di una parte del corpo) o di
afasia (perdita della facoltà di parlare o di comprendere le parole). Quando il
grumo viene rimosso o dissolto entro alcuni minuti, la funzione corticale
perduta viene recuperata. In questo caso si parla di attacco ischemico
transitorio (TIA). Ma se il grumo ostruisce il vaso cerebrale per un periodo da
alcuni minuti a più di un'ora si avrà la morte di cellule neuronali con
permanente perdita di funzioni in quella parte del cervello e conseguente
emiplegia o afasia irreversibile, e la diagnosi sarà di accidente
cerebrovascolare (CVA). L'anossia transitoria comunque causa una perdita di
funzioni transitoria.
Nell'arresto cardiaco l'anossia globale del cervello si instaura entro pochi
secondi. La tempestiva ed adeguata CPR consente il recupero della perdita
funzionale del cervello in quanto previene il definitivo danneggiamento delle
cellule cerebrali, che ne causerebbe la morte. Un'anossia di lunga durata,
provocata da un'interruzione del flusso sanguigno al cervello per un periodo
superiore a 5÷10 minuti, causa un danno irreversibile e la morte di un elevato
numero di cellule del cervello. Questo evento viene definito morte cerebrale, ed
in tal caso la maggior parte dei pazienti muoiono definitivamente.
Nell'infarto miocardico acuto la durata dell'arresto cardiaco (VF) è di solito
di 60÷120 secondi all'interno dell'unità di intervento, di 2÷5 minuti nella
guardia medica e di oltre 5÷10 minuti in caso di infarto estraospedaliero. Solo
durante il test di soglia per l'applicazione dei defribillatori interni o
durante le indagini di stimolazione elettrofisiologica la durata dell'arresto
cardiaco può essere contenuta entro i 30÷60 secondi.
Da questi studi possiamo sapere che nella nostra indagine su pazienti
clinicamente morti (VF risultante dall'elettrocardiogramma ECG) nessuna attivitò
elettrica può esser stata possibile nella corteccia del cervello (EEG piatto),
ma si sono inoltre instaurate condizioni di abolizione dell'attività del tronco
cerebrale testimoniate dalla perdita del riflesso corneale, dalle pupille
dilatate e fisse e dalla perdita del riflesso di stimolazione della faringe (gag
reflex), eventi riscontrati di norma nei nostri pazienti. Nonostante ciò, i
pazienti che hanno avuto una NDE riferiscono di essersi trovati in uno stato di
consapevolezza molto chiara nel quale le funzioni cognitive, le emozioni, il
senso di identità ed i ricordi fin dalla prima infanzia erano presenti, così
come la percezione da una posizione esterna ed al di sopra del loro corpo "morto".
Sulla base delle OBE che in alcuni casi sono state riferite e dunque hanno
potuto essere verificate, come il caso della protesi dentaria riportato nella
nostra indagine, sappiamo che le NDE hanno avuto luogo durante lo stato di
incoscienza totale, e non durante i secondi iniziali o terminali di questo
periodo.
Così dobbiamo concludere che le NDE della nostra indagine si sono verificate
durante la perdita funzionale transitoria di tutte le funzioni della corteccia e
del tronco cerebrale. È importante ricordare che esiste il ben documentato caso
clinico di una paziente con una costante registrazione dell'EEG durante
un'operazione di chirurgia cerebrale per la rimozione di un aneurisma cerebrale
gigante alla base del cervello: la paziente fu operata con una temperatura
corporea ridotta a 10÷15 gradi, in stato di VF e con una macchina cuore-polmone
attiva, con tutto il sangue drenato dal cervello, con EEG piatto, con auricolari
di stimolo in entrambe le orecchie, con le palbebre chiuse con nastro adesivo
(nota del webmaster: pertanto non poteva né udire né vedere, anche
inconsciamente, quanto stava accadendo intorno a lei). Questa paziente ebbe una
NDE con un'OBE, e tutti i dettagli che vide ed udì furono in seguito verificati.
C'è una teoria secondo la quale la coscienza può essere sperimentata
indipendentemente dal normale stato di coscienza legato al corpo. Un concetto
comune della scienza medica asserisce che la coscienza è il prodotto del
cervello. Tuttavia tale concetto non è mai stato provato scientificamente. Le
ricerche sulle NDE ci spingono ai limiti delle nostre concezioni mediche circa
la portata della coscienza umana e le relazioni tra il cervello, la coscienza ed
i ricordi.
Per decenni sono state condotte ricerche ad ampio raggio per localizzare i
ricordi all'interno del cervello: fino ad oggi non hanno avuto successo. In
relazione all'ipotesi che la coscienza ed i ricordi sono conservati nel cervello,
sorge anche la questione di come attività non materiali come l'attenzione
concentrata o il pensiero possano corrispondere ad una reazione visibile (materiale)
sotto forma di una misurabile attività elettrica, magnetica o chimica in una
certa zona del cervello. Differenti attività mentali danno origine a mutevoli
circuiti di attività in diverse parti del cervello. Questo fatto è stato
evidenziato in neurofisiologia mediante l'uso di EEG, di magneto-encefalogrammi
(MEG) e più recentemente mediante la risonanza magnetica (MRI) e la tomografia
ad emissione di positroni (PET). Inoltre si riscontra un'intensificazione del
flusso sanguigno cerebrale durante un'attività certamente non materiale come il
pensare. Inoltre non si è ancora ben compreso in che modo spiegare il fatto che
in un esperimento sensorio un soggetto sul quale veniva condotto un test di
stimolazione fisica asseriva di essere cosciente della sensazione provocata
dallo stimolo alcuni millesimi di secondo dopo la stimolazione, mentre il
cervello del soggetto indicava che la risposta neuronale non era ottenuta se non
dopo 500 millesimi di secondo. Questo esperimento ha portato ad avanzare la
cosiddetta ipotesi del "ritardo precedente".
La maggior parte delle cellule del corpo, ed in special modo tutti i neuroni,
mostrano un potenziale elettrico intorno alle membrane cellulari formato dalla
presenza di una pompa metabolica Na/K (sodio-potassio). Il trasferimento
dell'informazione lungo i neuroni avviene mediante potenziali di attività, cioè
differenze di potenziale nelle membrane causate dalla depolarizzazione sinaptica
(eccitatoria) e dall'iperpolarizzazione (inibitoria). La somma totale dei
cambiamenti lungo i neuroni provoca campi elettrici transitori, e di conseguenza
anche campi magnetici transitori, lungo i dendriti attivati sincronicamente. Il
fatto cruciale non è costituito né dal numero dei neuroni coinvolti, né dalla
forma delle ramificazioni dendritiche, né dall'accurata posizione delle sinapsi
e neppure dalll'attivazione di neuroni specifici, ma dai conseguenti campi
elettromagnetici transitori che si generano lungo i dendriti. Questi campi
dovrebbero conformarsi quanto più accuratamente possibile a circuiti
significativi di breve durata, costantemente variabili nella forma
quadri-dimensionale e nell'intensità (auto-organizzazione), costantemente e
reciprocamente interagendo tra tutti i neuroni. Questo processo può esser
considerato come un fenomeno di coerenza quantica biologica.
Si deve ora far menzione dell'influenza di campi elettrici e magnetici
localizzati all'esterno del cervello su questi campi elettromagnetici interni
costantemente mutevoli durante il normale funzionamento del cervello.
Ricerche neurofisiologiche sono state condotte utilizzando stimolazioni
magnetiche transcraniali (TMS), nel corso delle quali viene prodotto un campo
magnetico localizzato (fotoni). La TMS può eccitare o inibire differenti parti
del cervello, a seconda delle quantità di energia fornita, consentendo una
mappatura funzionale delle regioni corticali e la creazione di lesioni
funzionali transitorie. Permette inoltre di stimare la funzione di regioni
focali del cervello in scala di millisecondi, e può studiare il contributo della
rete neuronale corticale a specifiche funzioni cognitive. La TMS è uno strumento
di ricerca non invasivo per studiare aspetti della fisiologia del cervello umano
che includono tanto le funzioni motorie, la visione, il linguaggio, e la
patofisiologia delle disfunzioni del cervello, quanto le alterazioni dell'umore
come la depressione, e può anche risultare utile per la terapia. Nelle indagini
la TMS può interferire con la percezione motoria e visuale, dando
un'interruzione dei processi corticali con un intervallo di 80÷100 millisecondi.
L'inibizione e la facilitazione intracorticale sono ottenute mediante impulsi
appaiati con la TMS, e riflettono l'attività degli interneuroni della corteccia.
Sebbene la TMS possa alterare il funzionamento del cervello anche oltre il
periodo di stimolazione, non sembra lasciare alcun effetto duraturo.
L'interruzione dei campi elettrici di reti neuronali locali in alcune zone della
corteccia può disturbare il normale funzionamento del cervello: il neurochirurgo
premio Nobel W. Penfield, durante operazioni sul cervello di soggetti epilettici,
riuscì ad indurre flash di memorie del passato (ma non una completa revisione
della vita), visioni di luce, esperienze auditive di suoni e musica, e più
raramente una specie di esperienzfuori dal corpo (OBE) mediante stimolazioni
elettriche localizzate del lobo temporale e parietale. Queste esperienze
tuttavia non produssero alcuna trasformazione. Dopo molti anni di ricerche egli
giunse infine alla conclusione che non è possibile localizzare i ricordi
all'interno del cervello. Anche Olaf Blanke ha pubblicato di recente su Nature
il caso di un paziente soggetto ad epilessia nel quale era stata indotta un'OBE
mediante l'inibizione dell'attività corticale causata da una più intensa
stimolazione elettrica esterna del giro angolare.
L'effetto della stimolazione elettrica o magnetica esterna dipende dalla
quantità di energia impiegata. Può non esservi alcun effetto clinico o in certi
casi si nota qualche stimolo quando viene utilizzata solo una minima quantità di
energia, per esempio durate la stimolazione della corteccia motoria. Ma durante
una stimolazione con energia più elevata si produce l'inibizione delle funzioni
corticali locali attraverso l'estinzione dei campi elettrici e magnetici: ne
consegue l'inibizione della rete neuronale locale (comunicazione personale di
Olaf Blanke). Anche nel caso del paziente descritto da Blanke in Nature fu
prodotta una stimolazione con energia elettrica di livello elevato, ottenendo
l'inibizione della funzione della rete neuronale nel giro angolare.
E quando, per esempio, la corteccia visuale occipitale è stimolata mediante TMS,
il risultato non è una miglioramento della vista, ma invece una cecità
temporanea causata dall'inibizione di questa parte della corteccia. Dobbiamo
arguirne che la stimolazione artificiale localizzata mediante fotoni (energia
elettrica o magnetica) disturba fino ad inibire il campo elettrico e magnetico
costantemente mutevole delle reti neuronali, influenzando ed inibendo di
conseguenza il normale funzionamento del cervello.
Nel tentativo di comprendere questo concetto di mutua interazione tra la
coscienza "invisibile e non misurabile", con il suo enorme patrimonio di
informazioni, ed il nostro corpo materiale, ben visibile, sembra assennato fare
un confronto con i nostri moderni sistemi di comunicazione internazionale.
C'è un continuo interscambio di informazione oggettiva per mezzo di campi
elettromagnetici attraverso la radio, la TV, la telefonia mobile o i computer
portatili. Noi siamo inconsapevoli dell'enorme quantità di campi
elettromagnetici che continuamente, giorno e notte, sono attivi intorno a noi e
che ci attraversano, così come attraversano strutture come muri ed edifici. Noi
diventiamo consapevoli dell'esistenza di questi campi elettromagnetici
informazionali solo nel momento in cui utilizziamo il cellulare o accendiamo la
radio o la TV. Ciò che riceviamo non si trova all'interno dello strumento, e
nemmeno nei suoi componenti, ma grazie al ricevitore l'informazione dei campi
elettromagnetici diventa percepibile dai nostri sensi e questa percezione
raggiunge la nostra consapevolezza. La voce che sentiamo nel telefono non si
trova all'interno di esso, ed il concerto che udiamo alla radio è trasmesso ad
essa, così come le immagini ed i suoni che vediamo ed udiamo in TV sono
trasmessi all'apparecchio ricevente. Internet non si trova all'interno del
nostro computer. Noi possiamo ricevere quasi nel medesimo istante in cui viene
trasmesso da una distanza di centinaia o migliaia di chilometri un segnale che
viaggia alla velocità della luce. E se noi spegnamo il televisore, la ricezione
sparisce, ma la trasmissione continua. L'informazione trasmessa resta presente
all'interno del campo elettromagnetico. La connessione è stata interrotta ma non
è sparita, e può esser ancora ricevuta da qualche altra parte usando un altro
televisore. Di nuovo, noi non ci rendiamo conto di quante migliaia di chiamate
telefoniche, di quante centinaia di trasmissioni radio e TV e di segnali
satellitari, codificati come campi elettromagnetici, esistono intorno a noi e ci
attraversano.
Possiamo paragonare il cervello al televisore che riceve e trasforma in immagini
e suoni le onde elettromagnetiche, nello stesso modo in cui la telecamera
trasforma quelle immagini e quei suoni in onde elettromagnetiche? La radiazione
elettromagnetica contiene l'essenza di tutte le informazioni, ma può esser
rivelata ai nostri sensi da strumenti appropriati come i ricevitori TV.
Il campo informazionale della nostra coscienza e dei nostri ricordi, entrambi
plasmati dalle nostre esperienze e dagli input informatici dei nostri organi
sensori durante la vita, sono presenti intorno a noi come campi elettrici e/o
magnetici (fotoni virtuali?), e tali campi diventano utilizzabili dalla nostra
coscienza allo stato di veglia mediante il funzionamento del cervello e di altre
cellule del corpo.
Per questo ci serve un cervello ben funzionante per accedere alla consapevolezza
nello stato di veglia. Ma quando la funzionalità del cervello è andata perduta,
come nel caso di morte clinica o di morte cerebrale, con EEG piatto, i ricordi e
la coscienza esistono ancora, ma la possibilità di captarli è andata perduta.
Certe persone possono sperimentare la coscienza al di fuori del loro corpo, con
la facoltà di percepire i loro corpi dall'esterno e dall'alto, con un senso di
identità e con una consapevolezza ed una capacità di attenzione accresciute,
processi di pensiero ben strutturati, ricordi ed emozioni. E possono inoltre
sperimentare la coscienza in una dimensione nella quale presente, passato e
futuro esistono nello stesso istante, al di fuori dello spazio e del tempo, ed
ogni cosa può essere sperimentata non appena l'attenzione viene focalizzata su
di essa (revisione e previsione della vita), e qualche volta entrano perfino in
contatto con il "campo di coscienza" dei loro cari defunti. Ed infine possono
sperimentare anche il loro ritorno cosciente nel corpo.
Michael Shermer afferma che, in realtà, tutta l'esperienza è mediata e prodotta
dal cervello, e che i cosiddetti fenomeni paranormali come le OBE non sono altro
che eventi neuronali. Lo studio di pazienti che hanno avuto delle NDE, tuttavia,
mostra chiaramente che la consapevolezza ed i suoi ricordi, le cognizioni, le
emozioni, il senso di identità e la percezione al di fuori ed al di sopra di un
corpo senza vita sono sperimentati durante un periodo in cui il cervello non è
funzionante (anossia pancerebrale transitoria). E la perdita funzionale
focalizzata attraverso l'inibizione di regioni corticali locali ha luogo quando
si stimolano tali regioni con elettricità o con campi magnetici (fotoni),
producendo in qualche caso delle OBE.
Per citare Michael Shermer "è compito della scienza risolvere i problemi
mediante spiegazioni naturali, piuttosto che soprannaturali". Ma bisogna tenersi
aggiornati sui progressi della scienza, bisogna studiare la letteratura
scientifica più recente e sapere cosa sta accadendo nella scienza attuale. Per
me la scienza consiste nel porsi delle domande con mente aperta, e nel non aver
paura di riconsiderare concetti molto diffusi ma non provati scientificamente,
come quello che la coscienza ed i ricordi siano un prodotto del cervello. Ma
dobbiamo anche capire che abbiamo bisogno di un cervello ben funzionante per
sintonizzare la nostra coscienza in una "consapevolezza nello stato di veglia".
Ci sono ancora una grande quantità di misteri da risolvere, ma non è necessario
parlare di paranormale, supernaturale o pseudoscienza se si cercano risposte
scientifiche alla questione delle intriganti relazioni tra la coscienza ed i
ricordi da una parte ed il cervello dall'altra.